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Itinerario

Guida all’itinerario storico-culturale nel villaggio Rupestre di Lama del Trappeto

itinerario

Il Presepe Vivente, ambientato storicamente nella civiltà contadina di fine '800 e del '900, è rappresentato in un complesso di grotte ricavate in una caratteristica conformazione geologica pugliese: la lama. Le lame, prodotte dall'erosione fluviale in epoca neozoica, circa 2 milioni di anni fa, all'inizio della civiltà dell'uomo, percorrono il territorio da monte a mare come letti di fiume. Per la facilità di escavazione della roccia tufacea, le cavità naturali sono state ampliate e adattate ai bisogni di piccole comunità, già in epoca post-romana, per sfuggire alle scorribande dei barbari.

La civiltà del "Vivere in grotta” ebbe il maggior sviluppo intorno al XII XIII secolo, in seguito alla fuga dei monaci basiliani dal vicino Oriente a causa delle guerre iconoclastiche; ne è testimonianza la pittura rupestre. Ogni grotta corrisponde a un anfratto abitativo. L’interno di ogni grotta presenta sempre lo stesso schema strutturale formato da una serie di ambienti; solitamente se ne individua uno più spazioso dove si svolgevano tutte le attività quotidiane e, collegati ad esso, si articolano degli spazi più piccoli dove venivano allestiti i giacigli per la notte, focolari a stanza per riscaldare l'ambiente e per la cottura del cibo, nicchie scavate nelle pareti rocciose utili a deporre provviste e utensili di uso quotidiano.

1. Gli Stazzi degli animali.
La forza motrice per arare i terreni, trasportare merci e persone, trebbiare cereali e legumi, frantumare le olive, molire il grano, sollevare l'acqua, è data dagli animali. Le razze autoctone sono numerose: il bovino podolico pugliese; gli equini; gli ovini; il suino nostrano incrociato con il cinghiale. Gli unici mezzi di trasporto, trainati principalmente dai muli, sono: il traino per trasportare le merci; il soprammolle, più veloce e maneggevole del traino, per trasportare i passeggeri, e la sciarretta, biroccio o calesse utilizzato dai signorotti delle masserie.

2. Nòria
Un tempo nelle campagne lungo il mare esistevano numerose nòrie, dette in dialetto u 'ngiégne, ingegni. Servivano per attingere acqua salmastra di irrigazione, detta di Cristo, dalla falda sotterranea appena pochi metri sotto il piano di campagna. Il funzionamento delle norie avveniva grazie alla fatica di un asino o di un cavallo che, bendati, giravano in circolo legati a una sorta di ruota dentata; questa, a sua volta, trasmetteva il movimento a una seconda, disposta perpendicolarmente alla prima, azionando così la trasmissione a una catena di secchi. L'acqua veniva, così, pescata nel pozzo e versata in una vasca di raccolta, pronta per irrigare i terreni disposti lungo la fascia costiera, coltivati a pomodoro. L'introduzione di questa geniale tecnica di sollevamento delle acque dalla falda sotterranea si deve, probabilmente, agli arabi: noria è, infatti, un termine spagnolo d'origine araba.

3. Fabbro (u ferràr)
Il fabbro forgia un pezzo di ferro incandescente, reso malleabile con gli strumenti tradizionali: incudine, scalpello e martello.

4. Massaro (a massaré d'Arcangele)
Il massaro dirige i lavori della masseria per conto del proprietario terriero. Piccole comunità, costituite da nuclei familiari, si insediano nelle grotte delle lame, per sentirsi più sicuri e tesaurizzare il proprio lavoro in migliorie agrarie. Successivamente queste comunità abbandonano le grotte e si spostano in costruzioni più confortevoli: le masserie.

5. Maniscalco e Briganti
È l'artigiano che esercita l'arte della mascalcia, ossia del pareggio e ferratura del cavallo e degli altri equini domestici (asino e mulo). Il cavallo di razza murgese mostra la sua folta criniera. I Briganti minacciosi raccontano la nostra storia.

6. Tufaia e il bivacco dei viandanti
Il materiale per la costruzione delle abitazioni è estratto dalla roccia affiorante sulla sponda delle lame. La roccia, volgarmente tufo, color bianco o biancastro, con grana fine e ricchissima di fossili marini del Cretaceo, costituita da carbonato di calcio a struttura sub-cristallina in cui prevale la calcarenite, è facilmente estraibile con l'utilizzo del piccone e della forza dell'uomo.

7. Canti e Balli (i femmen da sàirfur)
D'inverno queste grotte ospitano le raccoglitrici delle olive (le donne della sairafùr), provenienti dai paesi dell'entroterra. Per alleviare la fatica del duro lavoro, spesso la sera si organizzano "feste" in cui donne e uomini cantano e ballano.

8. Pettole
Le donne sono affaccendate alla preparazione delle pettole, che la tradizione considera il cibo del Bambino Gesù.

9. Farmacia (a speziarì de don Pépp)
Lo Speziale era un professionista multiforme: farmacista ed erborista, droghiere, un pò medico, commerciante, qualche volta mago, consigliere e confidente. Insostituibile, visto che il suo mestiere si intrecciava con l'attività mercantile, la medicina, la cucina e, in generale, con la vita di relazione. Egli era un farmacista in quanto era in grado di preparare farmaci,medicamenti e cosmetici, droghiere perché vendeva erbe aromatiche, zucchero grezzo, sale, oggetti d'uso quotidiano, ma soprattutto commerciava le spezie, aromi speciali ed esotici che arrivavano da tutto l'Oriente. 

10. Miele e Dolci (i causdùlcie)
L’apicoltore mostra con fierezza la sua arte di produrre il cibo degli dei. Nella grotta le donne sono fiere di mostrare le loro ricette ai visitatori che sono inebriati dai profumi della grotta. I dolci natalizi hanno nella tradizione popolare un duplice significato: culinario e simbolico; le carteddate le lenzuola o la corona del Re Bambino; i fecazzeddfracite il cuscino su cui pose il capo il neonato Salvatore.

11. Rattoppacreta (Pasqualin u cunzapiatt)
Nell'anfratto della roccia, sovrastante al tronco aggrovigliato di carrube, i mestieranti sono all'opera per ricucire, con filo di ferro, gli utensili rotti e il tintinnio del martello scolpisce la pietra per forgiare pile indistruttibili.

12. Carbonaia
Era una tecnica per trasformare la legna in carbonella, ottenuta con una combustione imperfetta tramite il controllo dell’aria. Si costruiva una montagnola conica di legname coperta di terra, formata da un cammino centrale e altri cunicoli di sfogo laterali, usati con lo scopo di regolare il tiraggio dell’aria e quindi della presenza di ossigeno all’interno della carbonaia. Quando l’ossigeno scarseggia, la combustione si arresta e il legno diventa carbone senza incenerirsi.

13. Molino (u mulén) e filatura di pomodori da serbo
Nella macina i chicchi di grano liberano la farina grezza; che, passata ai setacci, si separa in semolino, farina bianca e crusca. La maestria delle donne creano le varie forme di pasta. Nel contempo alcuni della famiglia intrecciano al filo di cotone i pomodori da serbo. Le ramasole appese alle volte porteranno il sole della calura estiva nelle case e intorno a un cammino d’inverno gli uomini assaporeranno il piacere del pane abbrustolito condito da un filino di olio d’oliva e abbondante pomodoro regina.

14. Aia
Per la pesatura dei cereali e dei legumi, i buoi o i muli tirano grosse pietre; con le forche di legno si ventola: il vento, infatti, allontana la parte più leggera: la paglia; questa viene poi premuta inballe con un attrezzo a stantuffo, azionato da una leva mossa da braccia umane.

15. Taverna di Ziuddo (a cantén de Ziùdd).
Ubicata lungo la via di maggior transito, la taverna è l'unico posto di ristoro e di riposo dopo le fatiche del lavoro o dopo lunghi viaggi, ma Giuseppe e maria in viaggio non vi trovano posto. I forni del villaggio inondano l'aria di odori, l'uomini strillano le loro mercanzie, i bivacchi illuminati dai fuochi riecheggiano le voci dei ragazzi.

16. Trappeto Ipogeo (u trappét de Massara Pìt)
Il fiscolaro trama il fiscolo nel quale vieneposta la pasta oleosa e il cestaio i polloni di ulivo. E la macina gira lentamente, trainata dal mulo bendato. Sotto il comando del nagghiero la ciurma dei trappetari muove l'argano che pressa i torchi di legno (mammaredd), puntellati sotto la volta di tufo. Le pignate nei camini cuociono le tradizionali fave e nel contempo abili mani forgiano manufatti artigianali.

17. Falegname (u falegnàm)
Nell'attesa, curvo sul bancone il falegname va su e giù sulla pialla a modellare il legno, a ricordare la dignità del lavoro.

18. Forno (u fùrn da Mulenàr)
Chi non possiede un forno proprio ha la consuetudine di portarei tavolieri di pane, guantiere di focaccia e tegami vari a cuocerli al forno del villaggio, un ritrovo dove le chiacchiere delle donne si amplificano con grande risonanza.

19. Casaro (càs i recòtt)
All'alba, il pastore munge le sue pecore e, dopo aver governato il gregge, riscalda il latte al focolare e con abilità separa e trasforma il latte nei diversi derivati.

20. Lavorazione del cotone (u chettam)
Alla cardatura un tornio divide i semi dalla bambagia, la quale è ovattata tramite uno strumento a forma di archetto che la rende soffice eidonea per imbottiture di coperte e cuscini, oppure per la filatura con il fuso. Il filo viene utilizzato per la tessitura della rete, per i ricami, o viene lavorato al telaio, ricavandone un tessuto mediante l'intreccio di due elementi tra loro perpendicolari: l'ordito e la trama.

21. Lavorazione della lana (a làn)
La tosatura delle pecore produce lana grezza che, tramite la graminatura, viene pulita e resa idonea alla cardatura effettuata con lo scardasso o cardidd. La lana viene lavorata fino a quando fuoriesce a forma di cannoli pronti per essere impiegati al pedalino, dal quale si ottiene il filo grezzo. Tale filo passa attraverso il fuso, diventando sempre più sottile, per divenire poi matassa.U féilafurce che staziona davanti alla grotta nell' attesa delle donne richiamate dal suo strillo, levigagli utensili con la rotazione della pietra pomice.

22. Ricovero dei pastori
Nell’attesa i pastori sostano e chiacchierano sugli accadimenti della giornata.

NATIVITA' (a grottdubommén).
Un grande silenzio al cospetto della Natività: non più i lamenti degli uomini schiacciati dalla fatica di ogni giorno, né le risa gioiose dei fanciulli, né il vociare delle donne, ma il risuonare dell'annuncio di un domani ricco di speranza.

 

Con il nostro Presepe Vivente nel villaggio rupestre rivive ancora la vita spirituale e operosa dei monaci, bizantini e benedettini, che assieme alla gente umile trovarono conforto e rifugio in questi luoghi primordiali

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